L’Inca Trail è un percorso di 4 giorni lungo 45 km, culminante a Machu Picchu, che abbiamo percorso durante il nostro viaggio di due settimane in Perù. L’accesso al percorso è disciplinato dal governo peruviano e limitato a 500 ingressi al giorno, staff delle agenzie compreso. Si può accedere a questo trekking solo prenotando con un’agenzia abilitata, che richiederà il permesso d’ingresso per vostro conto. In quest’articolo vogliamo raccontarvi questa esperienza unica giorno per giorno, descrivendo le visite alle rovine Inca e le emozioni provate passeggiando nella giungla. Se avete bisogno di consigli pratici sull’Inca Trail, ad es. su come scegliere l’agenzia giusta, cosa portare con voi e come prepararvi, non dimenticate di leggere il nostro articolo sulle domande frequenti sull’Inca Trail.
Noi abbiamo prenotato il trekking con l’agenzia Alpaca Expeditions e l’avventura è cominciata la sera prima della partenza.
Indice
Giorno 0
Ci ritroviamo alle 18:30 alla sede dell’agenzia in centro a Cusco. Durante questa prima riunione abbiamo modo di vedere brevemente gli altri ragazzi che compongono il nostro gruppo e conoscere le nostre guide: Javier e Wilbert. Durante la riunione ci danno un borsone verde (chiamato duffel bag) da riempire con i vestiti e l’occorrente per il viaggio: ricordate che in questo borsone devono entrare il sacco a pelo e il cuscino e non deve superare 7 kg. Un membro del personale si occuperà di trasportarlo durante il giorno. Ci danno anche un copri-zaino e un poncho, tutto rigorosamente verde, il colore dell’agenzia. Dopo aver verificato la presenza di persone vegetariane, le guide organizzano il percorso del bus che andrà a prendere tutti i membri del gruppo il mattino seguente. Noi saremo gli ultimi sulla lista, con appuntamento alle 4:45. Alla fine della riunione, facciamo una sosta al supermercato per comprare carta igienica, acqua e qualche snack e torniamo in hotel a preparare lo zaino, emozionati e un po’ agitati per l’avventura che ci aspetta.
Giorno 1
Il bus della nostra agenzia ci viene a prendere all’ora prevista e dopo un’ora e mezzo di viaggio, raggiungiamo la porter house, la casa in cui dormono i porters (coloro che si occupano di trasportare il materiale sul cammino) la sera prima della partenza. Facciamo colazione e partiamo alla volta del km 82, nei pressi della città di Ollantaytambo, punto d’inizio dell’Inca Trail.
Al km 82 c’è il primo checkpoint dove le autorità controllano il passaporto e permesso d’ingresso. Ce ne saranno altri lungo tutto il cammino. Ci fermiamo per un’oretta lì per organizzare gli zaini: i nostri borsoni vengono pesati e affidati a un membro dello staff. Si dividono anche le tende e il cibo.
Passiamo velocemente da un centro informativo, dove ci viene spiegato il tipo di flora e fauna che potremmo incontrare durante il percorso e poi ci aspetta la famosa foto sotto il cartello d’inizio del percorso.
Il trekking del primo giorno è considerato di media difficoltà. Dobbiamo percorrere 14 km in 5 ore e mezzo. Il percorso si alterna tra salite e discese; questo perché, come ci spiega la nostra guida, qui esiste solo il ‘piano in stile peruviano’, ossia un percorso che piano non è mai. Durante la prima giornata di trekking, incrociamo delle persone che vivono sul primo tratto del percorso, che può essere anche percorso dagli animali. Gli abitanti locali hanno anche solitamente dei baracchini, dove vendono alimenti e bevande, e noleggiano dei bagni per 1 sol.
La strada diventa un po’ più ripida e arriviamo su un ampio spazio, da dove si apre una vista sulle rovine sottostanti del sito di Patallacta con i tipici terrazzamenti dove gli Inca praticavano l’agricoltura.
Mentre ammiriamo il panorama, la nostra guida ci spiega che nella cultura Inca, le montagne, chiamate Apu, sono considerate divinità, così come Pachamama, la madre terra; guardandosi intorno non si può che percepire gli spiriti delle maestose montagne che ci circondano e che ci accompagneranno per tutto il tragitto. Come rito di ringraziamento e buon auspicio, offriamo a queste divinità delle foglie di coca o il primo boccone di un pasto, che depositiamo per terra. Le foglie di coca sono anch’esse considerate sacre; la vostra guida ve ne darà da masticare ogni giorno per combattere l’altitudine e una volta finito di masticarle, dovete appoggiarle per terra in segno di rispetto e non gettarle.
Dopo la pausa pranzo ci aspettano ancora 2 ore e mezzo di cammino, in cui passiamo nei pressi di due comunità locali. Per la strada si può anche scorgere qualche colibrì; ce ne sono tanti sull’Inca Trail, ma spesso non è facile vederli perché sono molto piccoli e si mimetizzano con la natura circostante.
Nel pomeriggio passiamo anche dal secondo checkpoint, dove aspettiamo una quarantina di minuti che controllino i nostri passaporti e permessi d’ingresso.
Verso le 17 arriviamo all’accampamento, proprio mentre comincia a piovere. Le tende sono state già montate dai membri dello staff, che stanno già preparando l’aperitivo e la cena. Ogni coppia di partecipanti dispone di una tenda verde da 4 posti e una tenda più grande divisa in due contiene la cucina e un grande tavolo dove mangiamo tutti insieme; infine, in una tenda situata un po’ più lontano c’è un piccolo bagno chimico. Appena arrivati, i membri dello staff ci portano una bacinella di acqua tiepida con cui possiamo lavarci.
Prendiamo un aperitivo a base di tè con foglie di coca o tè alla muña, la menta peruviana, entrambi ideali per combattere il mal d’altitudine, e popcorn fatti con mais locale.
La cena è a base di tantissime portate diverse; lo chef della nostra agenzia ci serve ogni volta 6-7 piatti tipici peruviani e anche qualche piatto vegetariano.
Alle 20 siamo già tutti a dormire in tenda; domani ci aspetta la giornata più faticosa del trekking!
Giorno 2
A dirla tutta, questa giornata un po’ ci preoccupava. La seconda giornata include ben 12 ore di camminata (visite e pause comprese) per percorrere solo 16 km, questo perché bisogna raggiungere il picco più alto del cammino: il Dead Woman’s pass, il passo della donna morta, a 4.200 m. Non si chiama passo della donna morta perché ci è morta una donna, anche se quando arriverete in cima, non vi sentirete proprio al massimo delle forze, ma perché le montagne del passo assomigliano al profilo di una donna distesa.
Partiamo alle 4:30 di mattina sotto la pioggia battente che ci accompagnerà per buona parte della giornata. Il nostro accampamento si trova a 3.300 m di altitudine e dobbiamo arrivare a 4.200 m del passo, per poi riscendere a 3.580 m, risalire a 4.000 m e riscendere a 3.600 m dove si trova l’accampamento della seconda notte. Nella prima parte della salita siamo completamente immersi nella giungla, dove risaliamo pian piano tanti gradini, che fortunatamente non sono troppo ripidi e sono abbastanza regolari. Camminiamo piano, ognuno al proprio ritmo, avvolti dal silenzio della giungla: si sente solo il ticchettio incessante della pioggia che continua a scendere e lo scroscio di piccole ruscelli che si sono venuti a formare.
Indossiamo tutti ponchi con colori diversi, a seconda dell’agenzia con cui abbiamo prenotato il trekking, ma siamo molto distanziati e percorriamo il tragitto praticamente soli in silenzio. Ogni tanto ci sorpassano alcuni porter; sono persone nate e vissute in montagna che sono abituate alla mancanza di ossigeno dovuta all’altitudine e masticando foglie di coca, camminano molto velocemente.
Verso metà strada ci fermiamo a un rifugio, dove dei simpatici lama completamente zuppi d’acqua brucano indisturbati. Fa freddo perché siamo bagnati e cominciamo a essere in altitudine. Ci rifocilliamo e ripartiamo verso la vetta.
Mancano circa 40 minuti alla cima e il percorso è ora aperto sul fianco della montagna. L’obiettivo della vetta è visibile, ma l’altitudine comincia a farsi sentire: le gambe si fanno pesanti e il fiato corto, soprattutto negli ultimi 15 minuti.
Giungiamo infine alla vetta: abbiamo conquistato il Dead Woman’s Pass! Fortunatamente la pioggia cessa momentaneamente e riusciamo a riposare per un’oretta. Da un lato, godiamo di una vista sulla vallata che abbiamo appena risalito. Dall’altro lato, molto più freddo perché esposto al vento, intravediamo la strada in discesa che dovremmo prendere a breve.
Ci sentiamo soddisfatti, ma la dura realtà ci ricorda che abbiamo percorso solo 4 delle 12 ore che dobbiamo percorrere in tutto. Dopo un’oretta di pausa, riprendiamo il cammino e ricomincia anche a piovere. La discesa è fatta di gradini ripidi che la pioggia battente rende un po’ scivolosi. In un’ora e mezzo, che sembra interminabile, scendiamo la vallata Pacaymayu, ossia la valle del fiume nascosto. Nonostante la pioggia e la nebbia che nasconde gelosamente una parte della vista, s’intravede la valle nella sua immensità e le montagne di dirimpetto. La pioggia alimenta piccoli ruscelli spontanei che attraversano il sentiero e scrosciano verso valle. Questa parte del percorso è faticosa; la stanchezza si fa sentire, siamo completamente bagnati e dobbiamo affrontare la discesa e i gradini con cautela perché sono ripidi e scivolosi. Arriviamo infine a un accampamento, dove ci aspetta il pranzo.
Ricominciare a camminare dopo la pausa pranzo è difficile e si procede un po’ per inerzia. Ci aspetta la seconda salita della giornata verso il secondo passo dell’Inca Trail, Runkuracay a 4.000 m. La vista durante questa parte del percorso è veramente mozzafiato e la pioggia ci dà finalmente un po’ di sollievo. Saliamo sulla montagna di fronte a quella che abbiamo risalito la mattina stessa; da lontano vediamo il passo, la discesa che abbiamo percorso e una bellissima cascata che scende giù per la montagna. Le nuvole ricoprono parti delle montagne, creando splendide viste mistiche. Da lontano intravediamo anche la montagna Saltankay innevata, meta di un altro famoso trekking.
Sulla salita ci fermiamo al sito di Runcu Raccay immerso nella nebbia, che veniva impiegato come luogo di sosta e ristoro dai pellegrini e dai messaggeri che percorrevano il sentiero verso Machu Picchu.
Dopo aver passato il secondo passo Runcuraccay, ci aspetta l’ultima discesa verso l’accampamento. Ci troviamo in alto e ammiriamo magnifiche viste sulla terza valle di questa lunghissima giornata. Non piove più fortunatamente e camminiamo nel silenzio, sentendo ogni tanto qualche gocciolone cadere dall’alto. Vediamo tanti colibrì sul percorso che escono dopo la pioggia.
Il nostro obiettivo si avvicina, a questo punto siamo sfiniti e andiamo avanti con il solo pensiero di arrivare all’accampamento. Trenta minuti prima di arrivare, troviamo un altro sito Inca dal nome di Sayacmarca o villaggio inaccessibile, appollaiato in cima a una piccola montagna. Ci sono ben 50 scalini da salire per poter visitare il sito. Racimoliamo le ultime energie rimaste e saliamo. In questo sito vivevano sacerdoti che adoravano le montagne, vista la posizione ideale sulla valle, e accoglievano i pellegrini stanchi. Era un sito composto da due piani; le finestre hanno dei fori in cui le persone inserivano le mani per issarsi al secondo piano, senza bisogno di scale.
Sono le 6:30 passate e percorriamo gli ultimi 30 minuti in piano con le torce perché ormai è calata la notte. La fatica è tanta dopo 12 ore di camminata intensa, ma la soddisfazione di avercela fatta è enorme. Lo staff ci attende all’inizio dell’accampamento applaudendo, anche se siamo noi che dovremmo applaudire loro per lo splendido lavoro che fanno. L’accampamento è montato, la cena, squisita e abbondante come al solito, è pronta; ceniamo praticamente subito e sfiniti andiamo a letto.
Giorno 3
Al risveglio scopriamo che il nostro accampamento era situato in cima a una splendida valle con una vista mozzafiato sulle montagne.
Prima di partire, tutti i membri dello staff si presentano a turno e così facciamo anche noi. È un bel momento di condivisione in cui conosciamo i ben 18 membri dello staff che ci accompagnano durante il trekking e che portano i nostri zaini, preparano l’accampamento e il cibo e si occupano anche di pulire il sentiero. Avremmo preferito condividere questo momento nel primo giorno di trekking, così da poter conoscere subito le persone che ci accompagnavano, piuttosto che al terzo giorno.
Il terzo giorno doveva essere il giorno più semplice, ma ci rendiamo ben presto conto che non ci sono veramente giorni semplici, ma solo giorni più semplici di altri. Il peggio è sicuramente passato. Il terzo giorno consiste in ‘solo’ 5 ore di cammino, di cui la prima ora e mezzo più o meno in piano.
Il sentiero è immerso nella giungla, detta anche foresta nebulosa; le foreste nebulose sono foreste umide sempreverdi spesso coperte da nuvole a bassa-media quota. Dopo la pioggia di ieri gli alberi gocciolano ancora e l’aria è umida, mentre la foresta è ancora avvolta nel silenzio. Attraversiamo anche molte piccole grotte buie.
Il sentiero a volte è stretto e a strapiombo sulla valle, quindi lo percorriamo con cautela. Dato che questa giornata include meno ore di trekking, abbiamo più tempo per ammirare il panorama. Ad un certo punto, ricominciamo a salire verso la terza ed ultima vetta del trekking, Phuyupatamarka a 3.600 m.
Dopo aver raggiunto la vetta, ci aspettano 3 ore di discesa con gradini ripidi, sicuramente la parte più difficile della giornata; la discesa infatti è molto faticosa per le gambe e le ginocchia. Fortunatamente il terzo giorno di cammino è ricco di siti da visitare: passiamo dal sito di Phuyupatamarka (come il nome del passo), ossia città nelle nuvole, che vediamo prima dall’alto e che poi attraversiamo seguendo il cammino.
Sempre scendendo quei famosi gradini di pietra, arriviamo al secondo sito dal nome di Intipata, terrazze del sole. Di questo sito non si ha una visuale area prima di arrivare, come spesso accade, ma il sentiero arriva direttamente su un terrazzamento con vista sulle montagne e sul fiume Urubamba. Da lontano possiamo già vedere il retro della montagna di Machu Picchu. La nostra visita al sito di Intipata è eclissata dalla presenza di 3 o 4 lama, tra cui un cucciolo, che focalizzano tutta la nostra attenzione. Ci divertiamo a fare qualche foto dei lama, facendo attenzione perché qualche di lama sputa, e poi scendiamo verso l’accampamento, dove pranziamo.
La nostra giornata di cammino è finita; il nostro accampamento è situato vicino ad una struttura ricettiva con delle docce con acqua gelata, quindi solo i più coraggiosi vanno a farsi una doccia. Nel pomeriggio andiamo a visitare il sito vicino di Wiñai Wayna, il più grande sul cammino dopo Machu Picchu. Ci aspettano ancora tanti gradini da scendere e da salire!
Si arriva dall’alto, costeggiando un bellissimo muro fatto di enormi pietre. Scendiamo verso il sito fiancheggiando varie fontane; l’acqua, che zampilla dalla fontana in alto fino all’ultima fontana in basso, veniva utilizzata per purificarsi prima di raggiungere il sito.
Ritornati all’accampamento, ci aspetta una festa per celebrare l’ultima sera di Inca Trail. Oltre alle laute cene con cui ci avevano viziato, lo chef ci porta anche una torta. Siamo veramente sorpresi non solo dalla qualità del cibo, ma anche dalla capacità dello chef di lavorare in tende o strutture non equipaggiate. Dato che non rivedremo più i membri dello staff, li ringraziamo lasciandogli la mancia.
Giorno 4
Il fatidico ultimo giorno è arrivato. Ci dobbiamo svegliare alle 3:30 per metterci in fila all’ultimo check point che apre alle 5:30 ed assicurarci di essere tra i primi ad arrivare al Sun Gate, la porta del sole. Aspettiamo circa 1 oretta al check point e poi entriamo. Il percorso in sé non è difficile, ma camminiamo più velocemente per evitare di essere sorpassati da altri gruppi. Se fino ad ora avevamo camminato praticamente soli per tutto il tragitto, qua si nota la presenza di molti gruppi. Camminiamo per circa un’ora immersi completamente nella nebbia, sperando fino in fondo che il Sun Gate, la porta del sole con vista su Machu Picchu, sia scoperta. Dopo un’oretta circa arriviamo alla sfida finale del cammino, il Gringo Killer, l’assassino dei gringo, gli americani o turisti bianchi in generale. Si tratta di una scalata di gradini praticamente verticale; è intensa ma è breve. Abbiamo visto peggio durante questo trekking!
Dopo il gringo killer, siamo praticamente arrivati alla Sun Gate. Che emozione e che soddisfazione passare per quella porta, dare il cinque alla guida che sorride e affacciarsi su quella terrazza con vista su Machu Picchu. Nell’instante in cui arriviamo, la foschia si dissolve per pochi minuti, lasciandoci intravedere il sito di Machu Picchu da lontano, che poi si ricopre definitivamente. Riusciamo, però, a vedere anche un piccolo arcobaleno rotondo nelle nuvole fitte. Siamo arrivati!
Indossiamo fieri la nostra maglietta verde che ci avevano dato le guide e scendiamo verso Machu Picchu. Impieghiamo circa 20 minuti e cominciamo a incrociare i gruppi in visita a Machu Picchu; alcune guide spiegano ai turisti che abbiamo percorso ben 46 km per arrivare fino a lì.
Machu Picchu è una cittadina del XV secolo ed è il sito Inca più famoso, nonché una delle sette meraviglie del mondo moderno. Non si conosce il suo vero scopo, ma si crede che fosse stato costruito per un imperatore Inca. Il sole splende e fa veramente caldo; facciamo una visita guidata di due ore esplorando le terrazze, dove gli abitanti praticavano agricoltura, le abitazioni e i templi del sito e abbiamo poi un po’ di tempo per visitare il resto del sito da soli (NB- c’è un senso della visita, non si può tornare indietro!).
Le strutture in pietra sono molto belle, ma colpisce più che altro come queste strutture convivano in sintonia con le montagne circostanti. Dei lama girano indisturbati tra le rovine e i più coraggiosi rubano le merendine alle bambine.
La stanchezza si fa sentire, anche perché dopo l’arrivo l’adrenalina, che ci ha accompagnato per tutto il cammino, cala improvvisamente. Dopo un paio di orette di visita, prendiamo il bus per Aguas Calientes (dopo una lunga fila) e ci ritroviamo al ristorante con il nostro gruppo. Dopo un pranzo pagato molto caro, prendiamo il treno panoramico che ci lascia vicino al km 82. Possiamo dire addio alle nostre amate montagne che ci hanno accompagnato durante questi giorni, ma il tragitto in treno dura tre ore e dopo un po’ ci addormentiamo. Al km 82 ci aspetta il pulmino della nostra agenzia che ci riporta a Cusco, distrutti ma contentissimi di un’esperienza che porteremo sempre nel cuore.